Sebbene non sia nostra intenzione complicare le cose, prima di dare un senso preciso alla parola condominio è indispensabile parlare di “comunione”, un termine a cui il condominio stesso è legato da uno stretto rapporto di parentela.
La “comunione” è sostanzialmente la comproprietà di un bene da parte di più soggetti, siano esse persone fisiche o società. A titolo esemplificativo e considerando i soli beni immobili, un edificio o un terreno, ereditati da un determinato numero di soggetti, rappresentano una tipica fattispecie di comunione, dove ciascuno dei nuovi comproprietari è contemporaneamente titolare del “tutto”. Dunque, ognuno dei partecipanti, in quanto proprietario dell’intero bene, è tenuto a provvedere alla “conservazione” dello stesso, in modo che tutti ne possano godere ugualmente. In questo esempio, presumendo una titolarità di quote di proprietà uguale per tutti, una qualsiasi spesa da sostenere dovrà quindi essere ripartita in parti uguali tra i “comunisti”. Giova ricordare che anche nel caso in cui le quote di proprietà siano diverse tra loro, il godimento del bene deve essere garantito a ciascuno in egual misura, mentre le spese per il suo mantenimento dovranno essere suddivise secondo le rispettive quote di possesso.
Senza per il momento dilungarci troppo sulle norme che regolano la comunione e il rapporto tra i comunisti, vale la pena segnalare che queste sono indicate nel Codice Civile dall’articolo 1100 al 1116 e che, come vedremo nel seguito, ciò assume una certa rilevanza, perché in tema di condominio, per quanto non espressamente indicato nelle norme specifiche, sono proprio gli articoli sulla comunione che devono essere presi in considerazione.