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Assemblea – Richiesta e Convocazione

Capita sovente di affrontare con i condòmini il delicato argomento inerente alla convocazione assembleare e alla “sconosciuta” ma indubbia facoltà dei condòmini stessi di richiederla formalmente all’amministratore in carica o addirittura, in particolari circostanze, di provvedervi in autonomia. Dal momento che i dubbi sono molti e che troppo spesso mi sento dire che se uno specifico argomento, anche importante, non viene affrontato in occasione dell’annuale assemblea ordinaria di approvazione dei bilanci … “se ne riparla l’anno prossimo”, ritengo sia opportuno fare chiarezza, illustrando ciò che il codice civile ed in particolar modo la Legge 220/2012 entrata in vigore il 18 giugno 2013 dispongono nel merito.

Partiamo da un presupposto fondamentale: l’amministratore è il mandatario dell’assemblea e i condòmini sono gli unici titolari del diritto reale di comproprietà sulle parti comuni. Dunque nei limiti dei poteri dell’assemblea sono questi ultimi a decidere sul da farsi, mentre all’amministratore non rimane che eseguire il deliberato e, nel rispetto delle sue attribuzioni, provvedere alla conservazione del bene comune garantendo ai condòmini la sicurezza e la fruizione dei servizi per i quali eroga le spese occorrenti (Art. 1130 cc). Ne consegue che ai sensi dell’art. 66 dacc se è vero che l’amministratore ha il potere di convocare l’assemblea “quando questi lo ritiene necessario”, è altrettanto vero che i condòmini hanno pari facoltà di pretenderne la convocazione in ogni tempo, “quando ne sia fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio”.

Vi sono poi particolari eccezioni che consentono anche ad un singolo condòmino di inoltrare formale richiesta di convocazione assembleare all’amministratore pro tempore, e cioè:

  • Quando vi sono attività che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni (art. 1117 quater cc) per le quali sia indispensabile un intervento per porvi fine, anche mediante diffida;
  • Quando si vogliono proporre interventi innovativi previsti dal comma due, punti 1) 2) e 3) dell’art. 1120 cc in tema di sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti; di abbattimento delle barriere architettoniche; di contenimento dei consumi energetici; di creazione parcheggi al servizio delle unità immobiliari dell’edificio; di produzione energia mediante impianti tecnologici alimentati da fonti rinnovabili; di installazione di sistemi radio televisivi centralizzati o via cavo;
  • Quando vengono riscontrate gravi irregolarità fiscali ovvero se non è stato aperto il conto corrente condominiale per farvi transitare qualsiasi somma in entrata e in uscita (Art. 1129 cc comma 11).

 

Per la verità il connubio tra amministratore e condòmini dovrebbe poggiare su un rapporto di piena fiducia, per il quale la richiesta formale di convocazione assembleare dovrebbe essere l’extrema ratio ed avere comunque un suo naturale riscontro, atteso che riunirsi e decidere sia basilare per il benessere del condominio, ma quando questa fiducia viene meno, ovvero quando l’amministratore non dà seguito entro dieci giorni alle richieste avanzate dai condòmini (trenta giorni per le innovazioni), ecco che prevale il loro diritto di convocare direttamente la riunione e deliberare sui punti all’ordine del giorno, opportunamente inseriti nell’originaria richiesta. Ne consegue che il mandante si sostituisce necessariamente al mandatario a causa della colpevole latitanza di quest’ultimo.

A dirla tutta il codice civile menziona la possibilità di autoconvocarsi soltanto ai sensi del primo comma dell’art. 66 dacc, ma a giudizio di chi scrive e in via del tutto analogica, si suppone che la stessa occorrenza possa essere applicata a tutte le fattispecie per le quali venga offerta ai condòmini la possibilità di inoltrare una richiesta formale di convocazione alla quale l’amministratore non dia alcun seguito.

Ed è in mancanza dell’amministratore, per il suo decesso, per una sua reale inesistenza o ancora per la perdita dei requisiti di onorabilità, occorrenze previste dall’art. 71 bis dacc lettere a) b) c) d) ed e), che i condòmini, anche singolarmente, possono addirittura convocare direttamente l’assemblea, senza formalità, rispettando quanto previsto dal terzo comma dell’art. 66 dacc.

Un altro aspetto interessante che vale la pena approfondire è quello riguardante le spese di convocazione sostenute dai condòmini per le quali occorre distinguere due casi:

  • Se la convocazione viene effettuata come conseguenza di una mancata ottemperanza dell’amministratore ad una richiesta formalmente ineccepibile.
  • Se la convocazione viene effettuata direttamente e senza alcuna preventiva richiesta e cioè nei casi poc’anzi menzionati: decesso, assenza dell’amministratore, perdita dei requisiti di onorabilità.

Trattandosi di attività volte a consentire di fissare l’adunanza dei condòmini, l’unico organo decisionale del condominio, a giudizio di chi scrive le spese sostenute devono essere rimborsate dal condominio, ripartendole per millesimi di proprietà, salvo disposizione diverse contenute in un regolamento di condominio di origine contrattuale.

Il condominio e i condòmini

Il condominio … cos’è esattamente? Chi sono i condòmini e come vengono conteggiati nei quorum assembleari? La risposta pare scontata ma non è così.

Molti pensano che “condominio” sia sinonimo di “edificio” o “caseggiato”, ma nella realtà il termine “condominio” non si riferisce ad un “oggetto fisico” ma piuttosto ad una “condizione giuridica”.

Per spiegare bene il significato di questa particolare forma di comproprietà occorre spiegare che cosa sia una “comunione”. Una qualsiasi proprietà privata che appartenga a più soggetti (siano essi eredi o comproprietari) è una “comunione”, normata dal codice civile dagli articoli 1100 al 1116. Il “condominio” ne è una particolare “mutazione”, perchè in esso convivono le proprietà individuali piene ed esclusive (unità immobiliari) e le parti comuni di cui tutti i partecipanti al condominio sono comproprietari (tetto, fondamenta, cortili, impianti, ecc) … proprio come nella “comunione”. Si tratta quindi di una fattispecie giuridica del tutto unica, regolata anch’essa da norme del codice civile (dall’art. 1117 al 1139).

Ne consegue che il “condòmino” è colui che possiede una unità immobiliare all’interno di un edificio in cui sono presenti altri condòmini (almeno 1). Pertanto l’inquilino (o conduttore) e il comodatario non sono condòmini perchè non sono proprietari dell’unità immobiliare che detengono in locazione o in comodato d’uso.

Il conteggio dei condòmini assume particolare rilevanza nella determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea. Se in un edificio un condòmino possiede due unità immobiliari (di qualsiasi natura) nelle assemblee verrà conteggiato come “una testa” e la somma dei millesimi … non come “due teste”. Se invece un condòmino è unico proprietario di una unità immobiliare e in una seconda unità è comproprietario insieme ad altri, in assemblea verranno conteggiate “due teste” ciascuna delle quali porterà con sè i millesimi dell’unità immobiliare posseduta.

Questa considerazione è molto importante perchè in presenza di un edificio composto da 10 unità immobiliari di cui 9 sono proprietà di un’unica compagine (società, soggetto singolo o altro) e 1 unità immobiliare è di proprietà di un terzo, i condòmini totali sono soltanto 2.

La convocazione. Gli aventi diritto

La convocazione assembleare è di fondamentale importanza perchè deve essere indirizzata a tutti coloro che abbiano titolo per poter partecipare alla riunione. La nuova riforma introdotta dalla L. 220/2012 ed entrata in vigore il 18 giugno del 2013 ha introdotto novità interessanti inerenti ai soggetti a cui tale convocazione va inviata perchè si parla di “aventi diritto” e non soltanto di “condòmini”. Ne consegue che la platea dei potenziali partecipanti aumenta e la loro presenza è strettamente correlata agli argomenti da discutere e deliberare. Una complessità cui tutti gli amministratori devono adeguarsi.

Condòmini: sono coloro che vantano diritti reali (proprietà) su almeno una unità immobiliare nel condominio. In presenza di più comproprietari, la convocazione deve essere inviata a tutti.

Conduttori: sono coloro che vantano diritti di godimento (locazione) o di comodato d’uso e devono essere convocati se all’ordine del giorni vi sono argomenti inerenti alle spese relative al servizio di riscaldamento o raffrescamento, argomenti sui quali hanno anche diritto di voto. Non hanno diritto di voto, ma di partecipazione, in tutti gli argomenti che abbiano a che fare con le modificazioni degli altri servizi comuni (es. pulizie).

Usufruttuari e Nudo proprietari: i primi devono essere convocati per tutte le questioni di ordinaria amministrazione e per argomenti inerenti la fruizione dei servizi comuni. I secondi intervengono per le questioni straordinarie.

E’ del tutto evidente che se nell’ordine del giorno sono presenti punti in cui, a seconda degli argomenti, hanno diritto di voto tutti o una parte degli aventi diritto, la questione andrà tenuta in debita considerazione per il calcolo dei quorum.